Si celebra in tutto il mondo il RISPETTO PER TUTTI GLI ANIMALI, diffondendo informazioni su uno stile di vita non basato sul loro sfruttamento.
Era il primo novembre 1944 quando Donald Watson fondò la prima associazione vegana del mondo, la Vegan society, e coniò il termine “vegan” utilizzando l’inizio e la fine della parola “vegetarian”.
Da allora sono trascorsi 73 anni e il veganismo sembra essere in costante espansione, in particolare in Italia. Ma cos’è, esattamente, il veganismo? Premettiamo che esistono varie motivazioni che spingono le persone a diventare vegane, c’è chi lo fa perché ritiene sbagliato sfruttare gli animali, chi invece è preoccupato dall’impatto ambientale del consumo di carne, chi infine elimina i prodotti animali dalla propria alimentazione per motivi di salute. Partendo dal presupposto che il veganismo non è una religione e che non prevede dogmi, possiamo però dire senza alcun dubbio che non è una moda e non è neppure una dieta, non basta non mangiare prodotti di origine animale, ha invece a che fare, innanzitutto, con il rifiuto per la violenza, le diseguaglianze e il dominio esercitato dai più forti a scapito dei deboli. “Gli animali sono vittime innocenti della visione del mondo che asserisce che alcune vite sono più importanti di altre – ha scritto l’attivista Steven Simmons – e che i potenti hanno il diritto di sfruttare i deboli e che il deboli deve essere sacrificati in nome di un bene più grande”.
Perché è nato il World vegan day
Il primo novembre si celebra la Giornata mondiale vegan, istituita nel 1994 per festeggiare il cinquantesimo anniversario della fondazione della Vegan society. In ogni parte del mondo vengono organizzati numerosi eventi e iniziative per divulgare la cultura vegana. L’obiettivo del World vegan day è quello di diffondere un’alimentazione che non si basi sullo sfruttamento animale.
No, non è una moda
Molte volte il veganismo viene derubricato a moda o tendenza passeggera. Si tratta senza dubbio di una banalizzazione di un fenomeno che affonda le sue radici nell’antichità (quasi duemila anni fa il filosofo greco Plutarco si chiedeva con stupore come l’uomo potesse mangiare altri animali) e che oggi è in crescita, probabilmente per la maggiore informazione sui metodi di produzione della carne e dei prodotti animali e per la crescente sensibilizzazione sul tema del benessere animale. D’altro canto, seguendo la logica di chi lo ritiene una moda, si potrebbe asserire che anche mangiar carne lo è. In Cina ad esempio il consumo di carne è in aumento, come mai era successo nella storia del Paese, e rappresenta uno status symbol, un segno di benessere e progresso, proprio come insegna l’Occidente.
L’insostenibilità del mangiare animali
Qualcuno storcerà il naso ma l’alimentazione non può più essere considerata solo una scelta personale. Quello che mangiamo ha infatti un enorme impatto sull’ambiente e sull’intero pianeta, diventando dunque un problema collettivo. La correlazione tra lo sfacelo ambientale che sta vivendo il pianeta e la nostra alimentazione è ormai ampiamente documentata. Lisa Kemmerer, nel libro Mangiare il pianeta, sostiene che il consumo di prodotti animali produce dieci volte più emissioni di combustibile fossile per caloria rispetto al consumo diretto di alimenti vegetali e che la maggior parte dei prodotti agricoli è destinata a nutrire il bestiame. Kemmerer fa riferimento al rapporto Livestock’s Long Shadow, pubblicato nel 2008 dalle Nazioni Unite. Consumare animali è quindi diventato un lusso che solo una parte del pianeta può concedersi, accaparrandosi risorse che potrebbero essere suddivise. “Mangiare carne significa stabilire una disuguaglianza brutale: io sono quello che può mangiarsi le risorse di cui voi avete bisogno – ha scritto il giornalista e scrittore Martín Caparrós. – La carne è uno stendardo e un proclama: è possibile che io usi così il pianeta solo se miliardi di persone si rassegnano a usarlo molto meno”. Naturalmente una dieta vegana non è necessariamente meno impattante di una onnivora. Il consumo di prodotti agricoli esotici, come la quinoa (l’aumento della richiesta ha spinto gli agricoltori in Perù e in Bolivia a puntare sulle monocolture con gravi effetti sulla biodiversità e sull’ambiente) o come l’avocado (la cui crescente domanda sta provocando la deforestazione in Messico) rappresenta un problema reale che può essere contrastato prediligendo prodotti di origine biologica e a chilometro zero.
McDonald’s vegano non è un successo
Proprio perché la filosofia vegan non è basata sulla mera eliminazione di prodotti animali dalla propria dieta, il recente lancio del primo panino veg da parte della nota catena di fast food McDonald’s non può essere accolta come una vittoria. McDonald’s rappresenta infatti la quintessenza dello sfruttamento animale e degli allevamenti intensivi, vende i suoi panini a prezzi irrisori, forte del fatto che la maggior parte dei consumatori non ha ancora compreso che la carne a basso prezzo è solo un’illusione, non esiste. I prezzi stracciati a cui vengono venduti tali alimenti non tengono conto infatti dei costi esternalizzati a carico dell’intera comunità, come la distruzione delle foreste, le acque dolci inquinate, il degrado del suolo e i cambiamenti climatici. Se McDonald’s ha deciso di inserire un panino vegan nel proprio menù non è altro che una scelta commerciale, per aggiudicarsi un’altra fetta di consumatori, impoverendo al tempo stesso il veganismo introducendolo nel mondo consumista dei fast food.
Iniziative per la Giornata mondiale vegan
In occasione del World vegan day sono numerose le iniziative che si svolgeranno in tutto il mondo. a Firenze, ad esempio, per celebrare la giornata verrà presentata la nuova campagna pubblicitaria di Campagne per gli animali, chiamata 40.000 al secondo. La cifra del titolo fa riferimento al numero di animali uccisi ogni secondo, 40mila appunto. Protagonisti della campagna sono Vecchietta, gallina salvata dall’industria avicola e che vive ora presso il rifugio Ippoasi, e Alfredo Meschi, attivista il cui corpo è completamente ricoperto da X tatuate che rappresentano simbolicamente le 40mila morti animali che avvengono ogni secondo solo a causa della nostra alimentazione.
Serve davvero una giornata vegan?
È vero, ormai c’è giornata mondiale di ogni cosa e questo tipo di ricorrenze lasciano un po’ il tempo che trovano. La Giornata mondiale vegan può tuttavia essere un’occasione per approfondire un tema che troppo spesso viene appiattito e affrontato in maniera superficiale dai media, atteggiamento che non fa che acuire le alterità. D’altronde è proprio su questo che spesso si basa l’informazione contemporanea, sulla spettacolarizzazione e sullo scontro tra le due fazioni, come se non ce ne fossero già abbastanza, evitando ogni tentativo di approfondimento.
La via della gentilezza
Quando un vegetariano o un vegano vogliono convincere qualcuno della bontà delle loro scelte gli mostrano spesso le immagini terribili dei mattatoi e le allucinanti violenze che devono subire gli animali. Tali immagini costituiscono un fondamentale lavoro di inchiesta necessario per far luce su un inquietante mondo sommerso e che, ad esempio, hanno permesso di chiudere il mattatoio di Italcarni di Ghedi per le incredibili violenze perpetuate ai danni degli animali e per la carne infetta, o di far luce sui cui viene prodotto il noto prosciutto maltrattamenti sui maiali negli allevamenti intensivi in di Parma. Essere a conoscenza di queste realtà è fondamentale per poter esercitare in maniera più consapevole il proprio potere d’acquisto, tuttavia potrebbe essere più utile, forse, far conoscere ciò che perdiamo dalla morte di questi animali, dalla rinuncia al valore relazionale che ogni specie può offrire. Si potrebbe dunque far vedere l’affettuosità dei maiali, la sofisticata intelligenza dei polli o, semplicemente come giocano le caprette.